
BOCCIATA
Una vittoria, dunque, sembrerebbe. Dopo mesi di mobilitazioni, e soprattutto alla vigilia di uno sciopero generale che probabilmente porterà in piazza più di un milione di persone. Però. C'è più di un però, e riguarda i tagli voluti da Tremonti previsti dalla legge 133. Che fine faranno? L'interrogativo sorge spontaneo e non è di poco conto, perché se il ministro dell'Economia non fosse disposto a rimettere in discussione gli 87.400 tagli all'organico del personale docente sarebbe una vittoria di Pirro. Infatti a sera, malgrado il governo si sia impegnato a «costituire un tavolo permanente di confronto per ricercare le possibili soluzioni a tutela del personale precario della scuola», è la stessa ministra Gelmini a dichiarare con toni trionfanti: «Superato alle elementari il cosiddetto modulo». Fa riferimento al modello didattico basato sulle compresenze di maestre, che prevede tre insegnanti ruotare su due classi: «La responsabilità del percorso formativo e didattico nella scuola elementare resta in capo a un unico docente», precisa Gelmini che considera l'accordo come una «proposta che per i suoi contenuti può essere definita storica». «Dopo tanti anni di discussione, verrà portata in Consiglio dei ministri martedì prossimo una riorganizzazione organica dell'offerta formativa della scuola italiana», ha annunciato ieri a fine incontro. E ancora: «Questo modello didattico che supera l'organizzazione del modulo - aggiunge Gelmini - può essere declinato con l'opzione a 24 ore nel caso in cui il docente sia in grado di insegnare tutte le materie previste e quindi anche l'inglese, oppure a 27 ore con l'utilizzo di tre ore aggiuntive per l'insegnante di inglese e di religione, e in ogni caso non ci sarà compresenza in classe. Le famiglie potranno scegliere tra 24, 27 e 30 ore di lezione settimanali oppure il tempo pieno di 40 ore. Con l'eliminazione delle compresenze ci saranno più classi che faranno tempo pieno».
Insomma, «un gran pasticcio, messo su solo per sollevare tanto fumo», almeno secondo Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas, che comunque incassa il successo di «un movimento unitario, dalla materna all'università, che ha costretto il governo ad una mezza marcia indietro». Un pasticcio perché sembrerebbe che il governo lasci aperte tutte le possibilità, ma in realtà garantisce il tempo di 40 ore solo nelle scuole d'infanzia. Alle elementari, invece, «nelle classi funzionanti a tempo pieno saranno assegnati due docenti per classe», si legge in un resoconto per punti del verbale. Un passo avanti, invece, è la decisione di congelare l'incremento del numero di alunni per classe, e altrettanto ben accolta da tutti la promessa del governo di tutelare «il rapporto di un docente ogni due alunni disabili».
Ma molti, Cobas compresi, mettono in guardia anche rispetto alla riforma dei licei e degli istituti tecnici che, per quanto rinviata al 2010/2011, prevede una riduzione dell'orario scolastico, tagli agli ordinamenti che porteranno da 39 a 11 gli indirizzi degli istituti tecnici, e ridimensionamento del numero dei docenti. E la Cgil fa notare che almeno sulle primarie «rimangono alcune ambiguità» perché, come spiega il segretario di Flc-Cgil Mimmo Pantaleo, «sono state recepite alcune rivendicazioni sindacali ma non viene cambiato totalmente l'impianto della manovra». Cisl e Uil invece esultano e Massimo Di Menna, segretario generale Uil Scuola, annuncia che «ora vigileremo che gli impegni assunti si traducano in atti concreti». E perfino Veltroni va all'incasso: «Vedo che il governo sulla scuola fa una completa marcia indietro. Ora tutte le prediche che ci avevano fatto, le lezioncine rivolte a noi e a quanti osavano criticare, che fine hanno fatto?». La pensa così anche il ministro ombra Mariapia Garavaglia e la responsabile scuola del Pd, Maria Coscia, che però più prudente aggiunge: «Non è chiaro se, come sarebbe consequenziale, con le scelte di oggi si sospendono anche i tagli. Se così non fosse ci troveremmo di fronte all'ennesima operazione di facciata».
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